Installazioni e performance



Play4fooD
Gioco/esperimento di cucina collaborativa

L’esplorazione dei concetti di scambio, collaborazione, condivisione e adattamento prende forma in una performance interattiva e partecipativa in cui il pubblico è chiamato a esporsi e a “prendere parte”. Al centro dell’attenzione l’atto del mangiare. In Play4food per arrivare a compiere questo atto i partecipanti dovranno mettersi in gioco. Un gioco con regole semplici, ma imprescindibili. La prima e più importante è che per mangiare occorre collaborare, adattarsi, condividere ed entrare in sinergia. L’idea è che partecipando attivamente e unendo le forze, si possa ottenere non qualcosa di più, ma qualcosa di migliore. Cooperare in maniera ludica per ricevere una gustosa ricompensa e poter, infine, condividerla.

Eat the street

In Eat the street, progetto di installazioni commestibili che sovverte l'esperienza e l'atto del mangiare, il cibo diventa parte dell’architettura, dell’arredamento urbano e di interni; si trasforma in decorazione confondendosi con le caratteristiche strutturali degli edifici e del mobilio.
Strade comuni nascondono oggetti da mangiare, architetture da gustare: il cibo interpreta lo spazio, ne diviene parte, senza perdere il suo valore sociale e di nutrimento; è il vero cibo da strada, a disposizione di tutti, fast food, ma non cibo spazzatura. Un’interpretazione su misura, che si realizza anche attraverso l'uso dei prodotti locali per interpretare, oltre che lo spazio, il territorio.
Un'installazione site specific che sovverte la percezione quotidiana dei luoghi, svelando percorsi nuovi, imprevedibili e provvisori, che durano il tempo di uno spuntino, restituendo i luoghi al loro aspetto originario e lasciando solo il ricordo di un buon sapore.
Creazioni effimere, digeribili, che dialogano in maniera transitoria con gli oggetti e le strutture che abitano gli spazi scelti.
L’idea Eat the street nasce dall’intento di coniugare arte di strada, architettura, arredamento e cibo. La curiosa assonanza tra le parole “edibile”, ovvero mangiabile, ed “edificabile”, cioè adatto alla costruzione, è il punto di partenza per fare del cibo l’elemento plastico prestato all’edilizia, alla costruzione, alla decorazione.
La ricerca si articola attraverso uno studio dei luoghi deputati all’installazione, sia in senso architettonico, che come luoghi di socialità e di produzione culturale, da questi elementi prende spunto e materia viva per costruire l’istallazione.
Come l’ambiente e il luoghi che ci circondano, il cibo fa parte della sfera del quotidiano, dell’essenziale e dei bisogni primari, ma non è mai solo un bisogno, raccoglie in se innumerevoli significati e rappresentazioni culturali, espressione di luoghi, di tradizioni, di storia…
Il gioco si esplica nell’usare questo retroterra come base e nel cambiare la forma, nell’attribuire nuovi significati alla materia e all’atto, senza modificare la sostanza e senza spechi, senza lasciare segni indelebili ne avanzi.

Papille
Ciò che mangi non è ciò che vedi:
chiudi gli occhi e ascolta le tue papille!
Il progetto Papille si muove attorno al tema della consapevolezza alimentare, per suggerire scelte più attente, intelligenti, sane, economicamente convenienti e risvegliare il gusto stordito dai sapori artificiali e omologati imposti dal mercato.
Un’esperienza di “micro assaggi al buio", in cui, accantonata la vista, senso effimero ed ingannevole, il gusto sarà il vero protagonista.
 
Una performance/degustazione per togliere il velo dai prodotti alimentari della grande industria, per riflettere sugli sprechi del sistema alimentare occidentale e sui danni all'ambiente che ne conseguono.
La strada per arrivare ai consumatori è quella di passare attraverso una sorta di gioco da baraccone, un’attrazione da circo con una componente erotico/sensuale: una scatola misteriosa che distribuisce cibo, in cui bisogna infilare mani e bocca in attesa di toccare il cibo e di essere imboccati da due ragazze chiuse nelle scatola.
La prima volta che Papille venne proposta al pubblico si avvicinò una signora chiedendo cosa fosse quella strana scatola, spiegammo brevemente di cosa si trattava e lei esclamò che anche lei per lavoro faceva qualcosa di simile. Ci spiegò si occupava di studiare gusti, aromi e consistenze preferiti dai consumatori in modo che l’industria potesse costruire nuovi prodotti e “sapori” assecondando queste preferenze.
Papille, in realtà, è nata per fare l’esatto contrario: svelare cosa c’è dietro ai prodotti alimentari industriali mettendo alla prova il senso che più è interessato ed ingannato dalla chimica degli alimenti.


Il report su Papille di Fernado Pellerano nel suo Blog sul Corriere della Sera

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